• I modi di dire che celebrano il buon vino

    Tra vigne e parole: i modi di dire che celebrano il buon vino

    Il vino, con la sua storia millenaria, non è soltanto una delle bevande più antiche e apprezzate al mondo, ma rappresenta anche un vero e proprio simbolo culturale, intrecciato nelle tradizioni, nelle celebrazioni e, in modo particolare, nel linguaggio popolare.

    La sua influenza si estende ben oltre la tavola o la cantina, permeando il tessuto stesso delle nostre conversazioni quotidiane attraverso proverbi, modi di dire, espressioni e metafore. Questi detti popolari, ricchi di saggezza e spesso intrisi di umorismo, offrono uno sguardo unico sulla relazione che l’umanità intrattiene con questa nobile bevanda.

    Attraversare i secoli insieme al vino, significa imbattersi in un linguaggio evocativo e simbolico che ha saputo adattarsi e arricchirsi, riflettendo le variazioni culturali, sociali e storiche delle società che lo hanno celebrato.

    I modi di dire legati al vino sono splendidi metodi per osservare attraverso cui osservare le usanze, i valori e le percezioni di un popolo: rivelano atteggiamenti verso l’amore, la fortuna, la saggezza, e persino la stessa vita, dimostrando come il vino sia molto più di una semplice bevanda.

    In questo articolo, esploreremo alcuni dei modi di dire più affascinanti e diffusi legati al vino, dall’antica Roma, dove in vino veritas suggeriva la capacità del vino di rivelare i segreti più nascosti dell’animo umano, alle moderne espressioni che vedono nel vino un compagno di momenti di gioia e riflessione, ci imbarcheremo in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio.

    Un viaggio che non solo celebra il vino come fonte di ispirazione artistica e letteraria ma che riconosce anche il suo ruolo nel tessere legami sociali e nel forgiare la nostra comprensione comune dell’esistenza.

    Attraverso la lente dei modi di dire, vedremo come il vino abbia saputo versare la sua essenza nelle pieghe più intime della lingua e del pensiero umano, confermando il suo posto come elemento indissolubile del patrimonio culturale mondiale.

    Benvenuti in un’esplorazione del vino non solo come esperienza sensoriale, ma come ricco deposito di saggezza popolare e veicolo di espressione umana!

    vino metodo ancestrale

    Ecco un elenco in ordine alfabetico di proverbi e detti popolari sul vino tra i più famosi

    – Acqua in bocca, vino in gola;

    – Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere;

    – Bevi il vino, lascia l’acqua ai mulini;

    – Dove non c’è vino, non c’è amore;

    – Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere;

    – Chi non sa bere, non sa vivere;

    – El vino alegra el ojo, limpia el diente y sana el vientre (trad. Il vino illumina gli occhi, pulisce i denti e guarisce la pancia);

    – Il vino è il latte degli anziani;

    – Il vino è lo specchio dell’uomo;

    – Il vino entra, il segreto esce;

    – Il vino fa buon sangue;

    – In vino veritas;

    – L’acqua fa male e il vino fa cantare;

    – La tavola senza vino è come un giorno senza sole;

    – Le premier verre est pour la soif, le deuxième pour la joie, le troisième pour le plaisir, et le quatrième pour la folie (trad. Il primo bicchiere è per la sete, il secondo per la gioia, il terzo per il piacere, il quarto per la follia);

    – Meglio un goccio di vino vecchio che un barile di acqua;

    – Nella botte piccola c’è il vino buono;

    – Non tutto il vino diventa aceto;

    – Più vino, meno pensieri;

    – Quand le vin est tiré, il faut le boire (trad. Quando il vino viene versato deve essere bevuto);

    – Senza vino, l’amore è cieco;

    – Un bicchiere di vino è un poeta in più;

    – Un buon vino rende buono anche il cammino cattivo;

    – Un pasto senza vino è come un giorno senza sole;

    – Vino giovane, amico vecchio;

    – Vino sobre vino, veneno; agua sobre vino, veneno (trad. Vino su vino, veleno; acqua sul vino, veleno);

    – Vino vecchio non vuole fiasco nuovo;

    – Wine is bottled poetry (trad. Il vino è poesia in bottiglia).

    Questi proverbi, che sono solo un assaggio di modi di dire relativi al vino, ne dimostrano l’importanza culturale e la sua presenza in molti aspetti della vita quotidiana, celebrando la gioia, la convivialità, talvolta l’amore e l’amicizia.

    Ognuno di essi aggiunge ulteriori sfumature alla percezione culturale del vino, evidenziando non solo la sua importanza nella convivialità e nel piacere, ma anche il suo ruolo nella salute, nella saggezza e nella creatività, insomma, in ogni aspetto della vita sociale.

    E voi, li conoscevi tutti? Prosit!

  • Le differenti personalità di Prosecco e Champagne

    Le differenti personalità di Prosecco e Champagne

    Nell’effervescente mondo degli spumanti, la lotta più assidua si gioca sicuramente tra il Prosecco e lo Champagne.
    Fiori all’occhiello rispettivamente di Italia e Francia, sono senza dubbio due eccellenze dalla popolarità mondiale, che rappresentano la scelta prediletta per celebrare occasioni speciali e momenti di festa. Ma quale vino scegliere e cosa li differenzia?

    Cominciamo col dire cosa li accomuna: entrambi sono tra i migliori vini spumanti al mondo. Con vino spumant1izzato, si intende un vino che sviluppa spuma ed effervescenza senza l’aggiunta di sostanze gassose, ma grazie all’anidride carbonica prodotta dalla fermentazione del prodotto.

    Il mondo degli spumanti è vasto e variegato, offre una gamma di esperienze gustative che riflettono la ricchezza e la diversità delle regioni vinicole da cui provengono. Tra i più celebri e apprezzati troviamo il Prosecco e lo Champagne, entrambi sinonimi di festa e celebrazione, ma profondamente diversi per tradizione, gusto e metodo di produzione.

    Per apprezzarne a pieno le peculiarità, siamo pronti per mettere a confronto il Prosecco, espressione spumeggiante dell’Italia, e lo Champagne, l’eleganza effervescente della Francia.

    vitigno glera prosecco

    Prosecco VS Champagne, due mondi a confronto

    Zone di raccolta

    La prima e forse più evidente differenza tra Prosecco e Champagne, è la zona di produzione. Lo Champagne è prodotto esclusivamente nella regione di Champagne, nel nord-est della Francia, una zona dal clima freddo che contribuisce a conferire a questo vino le sue caratteristiche uniche. Il Prosecco invece, ha le sue radici nelle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, nel nord-est dell’Italia, dove il clima varia da moderato a continentale.

    Metodi di produzione

    Il celebre vino spumante francese è prodotto secondo il metodo tradizionale o “Champenoise“, che prevede una seconda fermentazione in bottiglia. Questo processo conferisce allo Champagne la sua effervescenza caratteristica e una complessità di aromi che può svilupparsi per molti anni.

    Il Prosecco invece, viene prodotto principalmente attraverso il metodo Charmat o Martinotti, che prevede la seconda fermentazione in grandi recipienti in acciaio inox, permettendo di preservare i freschi e fruttati aromi primari dell’uva. Questo metodo rende anche il Prosecco generalmente più accessibile in termini di prezzo rispetto allo Champagne.

    Varietà d’uva

    Le varietà d’uva utilizzate nella produzione di questi due vini spumanti differiscono notevolmente: lo Champagne è tipicamente prodotto utilizzando una miscela di uva Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay, mentre il Prosecco è prodotto principalmente dalla varietà Glera, anche se possono essere utilizzate in piccole percentuali altre varietà locali.

    Caratteristiche organolettiche

    Queste diversità di origine, metodo di produzione e varietà d’uva, si riflettono anche nelle caratteristiche organolettiche dei due vini. Lo Champagne è noto per la sua acidità, complessità e ricchezza di aromi, che possono includere note di agrumi, frutta a polpa bianca, pane tostato e mandorla. Il Prosecco, con il suo profilo più fruttato e floreale, tende ad essere più leggero, con note di mela verde, pera, melone e fiori di campo.

    Consumo

    Sebbene sia il Prosecco che lo Champagne siano associati a celebrazioni, il loro posizionamento di prezzo differisce. Lo Champagne, data la sua complessità di produzione e la sua associazione con un lusso storico, tende ad avere prezzi più elevati. Il Prosecco, accessibile e versatile, è spesso scelto per occasioni informali o come aperitivo.

    Pizza o aperitivo con gli amici? Non c’è gara, è tempo di stappare un buon Prosecco! Cena romantica di pesce? Dipende: se il menù è delicato, un Prosecco Brut potrebbe essere la soluzione, ma se si tratta di piatti prestigiosi, è bene dare spazio allo Champagne. Cena importante? Largo alla bollicina francese per accompagnare piatti saporiti e ricercati. Dolce? Lo Champagne è troppo secco, per un dessert è bene preferire un Prosecco, con la sua morbidezza ed il suo dolce aroma.

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    In una società dove le celebrazioni ed i brindisi si sposano sempre con le bollicine in calice, i nomi di Prosecco e Champagne, risuonano sempre con particolare prestigio. Questi vini, emblemi di gioia e raffinatezza, incarnano non solo secoli di tradizione vinicola ma rappresentano anche due culture enologiche distinte che hanno affascinato e continuano ad affascinare buongustai e appassionati di vino in tutto il mondo.

    In conclusione, sebbene Prosecco e Champagne condividano lo status di vini spumanti prestigiosi, differiscono notevolmente per regione di origine, metodo di produzione, varietà d’uva e profilo gustativo. Queste differenze non solo arricchiscono il panorama vinicolo mondiale ma offrono agli amanti del vino l’opportunità. Conoscerle aiuta a farne un uso più consapevole e sicuramente più distinto e raffinato per festeggiare dei momenti perfetti!

    Prosit!

  • Il Bicchiere della Staffa

    Il Bicchiere della Staffa: una storia di commiato e condivisione tra vino e cavalieri

    Esistono tantissime espressioni o modi di dire legate al mondo dell’enologia ed alle abitudini nel consumo di vino ed alcolici: il buon vino, si sa, non è solo un prodotto commerciale e di consumo, ma fa parte di tantissimi aspetti della nostra tradizione. Momenti di condivisione, auguri, festeggiamenti e saluti, sono tipicamente suggellati da un brindisi.

    Alla fine di una serata tra amici, a tutti sarà capitato di congedarsi dopo aver condiviso “il bicchiere della staffa”, ma da cosa deriva questo modo di dire? Si tratta dell’ultimo bicchiere consumato in compagnia, prima dei saluti e dell’epilogo della serata.

    Le origini del Bicchiere della staffa

    Il bicchiere della staffa è un termine che evoca immagini di commiati e celebrazioni, radicato in una tradizione che affonda le sue origini nella storia e nella cultura. Questa espressione, si riferisce all’ultimo bicchiere di alcol consumato prima di lasciare un luogo di ritrovo, come un simbolo di buon augurio per il viaggio di ritorno a casa.

    Ma il significato del bicchiere della staffa va ben oltre il semplice atto di bere; è intriso di simbolismo, convivialità e il desiderio di trattenere per un momento in più il calore dell’amicizia e della compagnia.

    Il termine risale al ‘700/’800, quando il mezzo di trasporto più usato era il cavallo. Al pari delle nostre moderne automobili, era abitudine dei più recarsi ovunque a cavallo, comprese nelle taverne e nelle locande.

    Questo modo di dire trae le sue origini proprio dell’usanza dei cavalieri di bere un ultimo sorso di alcool prima di partire o all’esterno del locale con un piede già sulla staffa, pronti per montare a cavallo. Questo gesto, che trova il suo corrispondente modo di dire anche nei paesi anglosassoni (“stirrup-cup”) e francesi (“coup de l’étrier”), era inteso come un augurio per un viaggio sicuro, un’ultima dimostrazione di condivisione e un modo per rafforzare i legami prima della separazione.

    L’espressione era in uso anche dopo aver ricevuto un ospite: era infatti buona educazione che il padrone di casa offrisse un ultimo bicchiere di vino come segno di riconoscenza, ospitalità ed augurio di buon viaggio di ritorno.

    Un rituale contemporaneo

    Con il passare dei secoli, l’usanza si è trasformata e adattata, mantenendo però inalterato il suo nucleo emotivo, e trovando posto in vari contesti sociali, dai banchetti formali ai raduni informali tra amici.

    Oggi, il bicchiere della staffa simboleggia la chiusura di una serata trascorsa insieme, un rituale che sottolinea l’importanza delle relazioni umane e il valore del tempo condiviso. Non è tanto il tipo di bevanda a essere importante, quanto il gesto di condivisione e l’intento di lasciare un’ultima impronta positiva sull’incontro. Questa pratica, pur essendo un rito di addio, è carica di un’ottimistica anticipazione per i futuri incontri, un ponte tra il presente e il prossimo momento di comunione.

    In una società sempre più frenetica, dove il tempo sembra scorrere implacabile, il bicchiere della staffa ci invita a rallentare, a riflettere sulle relazioni che arricchiscono la nostra vita e a nutrire quei legami con piccoli gesti significativi. Più che un semplice atto di convivialità, diventa un simbolo potente dell’umanità condivisa, un promemoria che, nonostante le distanze e gli impegni quotidiani, il valore dell’amicizia e del calore umano rimane imprescindibile.

    Il bicchiere della staffa non è dunque solo una tradizione legata al consumo di vino: si tratta di un rito carico di significati, che celebra i legami interpersonali e l’importanza degli addii momentanei come preludio a futuri riunioni.

    In esso si ritrova l’essenza stessa del congedo: non un finale, ma una promessa di ritorno, un brindisi alla convivialità ed alla condivisione di occasioni future.

    Alla prossima occasione, prima di congedarvi da un ritrovo o una bella serata, ricordatevi di riscoprire e godervi insieme questo splendido rituale!

    Prosit!

  • Tipi di bottiglie di vino

    Tipi di bottiglie di vino

    Un ventaglio di possibilità, formati, nomi e dimensioni

    Il mondo dei vini è probabilmente una delle realtà produttive più complesse ed affascinanti della nostra società. Fiore all’occhiello del panorama e del mercato italiano, la vinificazione, l’enologia e l’enocultura, godono di un successo senza paragoni. Si tratta di un ambito dove storia, tradizione ed esperienza si intrecciano in maniera armonica alla modernità ed alla tecnologia del nostro secolo, dando vita a vere e proprie perle rare e prodotti di altissima qualità.

    Se il vino è la sintesi di un’infinità di sfumature, la vinificazione deve tenerne in considerazione ogni singolo aspetto, in un complesso processo dove nulla è lasciato al caso e dove viene valutato con precisione anche il più piccolo dettaglio.

    Considerando questa importante peculiarità, il fatto che ogni vino possiede caratteristiche diverse e che per degustarlo al meglio mantenendone intatti gusto, profumo ed aroma, è importante un diverso tipo di calice, una diversa temperatura etc., non ci stupisce il fatto che ogni vino venga prodotto e poi imbottigliato nel contenitore che meglio saprà preservarlo, esaltando e conservando le nel tempo le sue molteplici caratteristiche.

    Per questo motivo esistono diverse tipologie di bottiglie, di diversa forma, formato e colore. Dalla metà del XVII secolo cominciano a venire prodotte le bottiglie di vino “moderne”, come le conosciamo oggi; da allora ai nostri giorni, lo studio ed il perfezionamento dei vari formati di bottiglia, è stato approfondito con l’unico scopo di minimizzare i fattori che potessero compromettere la qualità del vino, mantenere le sue caratteristiche intatte e contribuire ad un corretto invecchiamento del prodotto.

    Ma come vengono classificate le bottiglie di vino e quante varietà esistono? Scopriamolo insieme!

    I colori delle bottiglie di vino

    Dal punto di vista conservativo, è necessario prendere in considerazione il fatto che l’esposizione del vino alla luce solare è particolarmente dannosa per il prodotto e che il colore della bottiglia gioca un ruolo cruciale per il suo mantenimento.

    Da una minima ad una massima protezione solare, esistono bottiglie di colori differenti; queste variano a seconda del vino che si intende imbottigliare: in linea di massima possiamo dire che le bottiglie più chiare sono riservate a vini che vengono consumate in tempi brevi, al contrario di quelle più scure, che necessitano (o per le quali è previsto) un invecchiamento piuttosto lungo.

    • Bottiglie trasparenti: dal momento che non garantiscono protezione dalla luce, vengono utilizzate solitamente per l’imbottigliamento di vini bianchi “giovani”, cioè che non necessitano di un periodo di invecchiamento;
    • Bottiglie verdi: adatte a conservare vini bianchi che richiedono un periodo di invecchiamento medio o vini rossi che maturano in bottiglia, ne esistono di diverse tonalità a seconda della necessità di protezione del prodotto;
    • Bottiglie marroni/nere: si tratta di contenitori utilizzati soprattutto per vini rossi che richiedono un invecchiamento piuttosto lungo ed hanno la capacità di garantire un’assoluta protezione del prodotto a qualunque tipo di radiazione solare.

    Le forme delle bottiglie di vino

    Di seguito le principali forme di bottiglie di vino ed il loro diverso utilizzo:

    • Albeisa: dalla struttura bassa, larga e slanciata, questa tipologia si contraddistingue per la spalla piatta, una forma ovale ed un fondo più ampio, ideale per vini importanti che necessitano un invecchiamento in bottiglia piuttosto prolungato;
    • Alsaziana: conosciuta anche come Renana, deve questo suo nome alla sua provenienza dalle zone dall’area vinicola del Reno, in Germania; perfetta per prodotti bianchi o rosati privi di residui, si presenta priva di spalla e di rientranza della base, particolarmente slanciata e dalla forma oblunga;
    • Bordolese: il corpo cilindrico, il collo corto e la spalla piuttosto prominente, sono perfette per trattenere eventuali residui, senza che vengano trasferiti nei calici e consumati; si tratta di una tipologia di bottiglia tendenzialmente trasparente per i vini bianchi e verde o marrone per i rossi;
    • Borgognotta: tipicamente usata per vini delicati, si tratta di una bottiglia nata nella Borgogna francese, dalla spalla slanciata e dal collo lungo che, con la sua forma, riduce il rischio di ossidazione del vino e ne protegge gli aromi;
    • Champagnotta: simile alla Borgognotta, si presenta con un vetro piuttosto spesso ed un fondo dalla concavità più pronunciata; come si può intuire dal nome, il motivo è legato al suo utilizzo, la forma è stata adattata infatti per resistere la pressione dello Champagne e degli spumanti prodotti con il metodo classico, per i quali la fermentazione avviene all’interno della bottiglia.

    I formati delle bottiglie di vino

    La degustazione del vino avviene quasi esclusivamente bottiglie del tipico formato standard da 750 ml (0,75 L). Non tutti sanno però che i formati di bottiglie di vino sono tantissimi, da quelli con una quantità di prodotto pari ad un unico calice, alle rarissime bottiglie giganti ambite dai collezionisti. Queste ultime, caratterizzate da nomi maestosi, spesso ispirati a grandi personaggi biblici, sono ideali per l’invecchiamento e capaci di conservare vini particolarmente pregiati, costosissimi e ricercati.

    dimensione bottiglie

    Ecco l’elenco dei principali formati di bottiglie, dalle più piccole alle più grandi (tutti multipli o frazioni del formato standard):

    • Quart (o Piccolo): 0.1875 litri
    • Chopin: 0,25 litri
    • Demi: 0,375 litri
    • Standard: 0,75 litri
    • Magnum: 1,5 litri
    • Jéroboam: 3 litri
    • Réhoboam: 4,5 litri
    • Mathusalem: 6 litri
    • Salmanazar: 9 litri
    • Balthazar: 12 litri
    • Nabuchodonosor: 15 litri
    • Melchior: 18 litri
    • Solomon: 20 litri
    • Sovereign: 25 litri
    • Primat: 27 litri
    • Melchizédec: 30 litri

    Ad ogni vino, dunque, verrà assegnata la bottiglia che saprà meglio preservarlo, esaltarlo e conservare nel tempo le sue molteplici caratteristiche.
    La diversità di formati e tipologie sottolinea la versatilità e l’adattabilità del settore vinicolo alle esigenze dei produttori ed alle preferenze dei consumatori.

    Che tu stia cercando una bottiglia di vino giovane da condividere con gli amici o una dimensione da collezione per un’occasione straordinaria, il mondo delle bottiglie di vino offre un’ampia gamma di opzioni, ciascuna con il proprio fascino e significato unico.

    Pronti a provarle tutte?

     

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  • Prosecco: l’alfabeto della bollicina italiana per eccellenza

    Prosecco: l’alfabeto della bollicina italiana per eccellenza

    Il Prosecco è una delle eccellenze italiane che ha conquistato gli estimatori di vino di tutto il mondo; vino spumante per eccellenza, è sinonimo di eleganza e convivialità, di passione e maestria vinicola Made in Italy.

    Oggi vogliamo raccontarvi questo prodotto dalla A alla Z, accompagnandovi in un viaggio che celebra la sua famosa sintesi tra tradizione ed innovazione, attraverso le caratteristiche, le curiosità, i metodi di produzione ed i luoghi iconici che rendono il Prosecco uno dei vini spumanti più apprezzati al mondo.

    Buon viaggio!

    A di aroma: l’aroma del Prosecco è tipicamente fresco. Le note che danno carattere ad ogni sua tipologia, spaziano da quelle fruttate, a quelle floreali per raggiungere anche sfumature minerali; queste variano a seconda del terrone nel quale l’uva viene coltivata, dal metodo di produzione e della maturazione del prodotto.

    B di Brut: la classificazione del Prosecco in termini di dolcezza, rende il Brut una delle tipologie più secche; si tratta di prodotto dal sapore intenso ed una quantità di zucchero che non supera i 12 grammi per litro, rendendolo tra i più adatti per accompagnare i pasti.

    C di Cuvée: con il termine cuvée si intende quel Prosecco prodotto con uve di annate diverse. La miscela cuvée, opposta al millesimati, ha tra gli obiettivi quella di proporre costantemente un vino pregiato, a prescindere dall’andamento dell’annata e della vendemmia.

    D di DOC o DOCG: la zona del Prosecco DOC corrisponde alle province di Treviso, Vicenza, Padova, Belluno, Venezia, Pordenone, Udine, Gorizia e Trieste, mentre solo quello tra Conegliano, Asolo e Valdobbiadene è considerato Prosecco DOCG.

    E di Extra Brut o Extra Dry: secco, asciutto e frizzante, il Prosecco Extra Brut è ottimo per accompagnare il pasto, dal momento che ha un residuo zuccherino davvero basso (da 0 ad un massimo di 5 grammi ogni litro), mentre l’Extra Dry (che varia tra i 12 ed i 17 grammi di zucchero per litro di prodotto) è più adatto per gli aperitivi, pasti leggeri, formaggi, carni bianche e crostacei.

    F di fondo: il Prosecco “col fondo” è una tipologia particolare che prevede la rifermentazione in bottiglia, capace di rilasciare nel vino un più marcato sentore di lievito.

    G di Glera: si tratta del nome del vitigno col quale viene prodotto il Prosecco che, per essere considerato tale, deve contenere al suo interno almeno l’85% di uva Glera.

    H di Happy Hour: leggero, fresco ed aromatico, il Prosecco è l’ideale ed il re indiscusso dell’aperitivo! Che venga consumato in calice o in un cocktail, due aperitivi su tre comprendono in Prosecco. Primo tra tutti? Ovviamente il celebre Spritz!

    3 cocktail a base di Prosecco

    I di IGP: anche se il Prosecco è maggiormente noto per le denominazioni DOC e DOCG, l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) è la certificazione che tutela la qualità del vino. Tale indicazione rappresenta un importante riconoscimento del legame tra il vino ed il suo territorio di produzione, assicurando che certe caratteristiche uniche (legate al territorio) siano presenti, preservate e valorizzate.

    L di Limoncello Prosecco Cooler: la ricetta perfetta per un cocktail energico, fresco e dissetante! Basterà utilizzare bicchieri precedentemente raffreddati in freezer ed unire Limoncello freddo e Prosecco. Per un tocco più aromatico, guarnite ogni bicchieri con qualche lampone fresco ed un rametto di menta!

    M di Millesimato: con Prosecco Millesimato si intende un tipo di Prosecco che viene prodotto utilizzando esclusivamente uve Glera raccolte in un singolo anno di vendemmia. Questo approccio alla produzione, che mette in evidenza le caratteristiche uniche di un’annata specifica, è relativo a Prosecchi considerati di miglior qualità superiore, con una maggior complessità di aromi e sapori. Dedicato quasi esclusivamente alle vendemmie migliori, il prodotto finale sarà sicuramente un vino più ricercato e che rappresenta una fascia più alta di mercato.

    N di nove: nove sono le province italiane suddivise in due regioni (Veneto e Friuli Venezia Giulia) nelle quali viene prodotto il Prosecco DOC, per un totale di ventimila ettari di vigne.

    O di otto: otto gradi è la temperatura massima per servire il Prosecco. Per preservarne al meglio aroma e profumo infatti, la temperatura ideale è compresa tra i 6 ed  gli 8 gradi centigradi.

    P di perlage: questo termine si riferisce alla presenza di bollicine fini che si formano e salgono in modo continuo nel bicchiere, una volta versato il vino. Nel caso del Prosecco, il perlage non solo arricchisce l’aspetto estetico del vino, ma influisce anche sul gusto: le bollicine fini infatti, aumentano la sensazione di freschezza e vivacità al palato, esaltandone gli aromi. Gioca un ruolo cruciale nella creazione del perlage, il metodo di produzione, in particolare il metodo Martinotti – Charmat, uno dei più usati nella produzione di Prosecco.

    Q di qualificazione: ci si riferisce al processo di riconoscimento e certificazione che il Prosecco subisce per garantire che il prodotto rispetti determinati standard di qualità ed origine. Questo procedimento, che assicura al consumatore un prodotto autentico e di alta qualità, include la verifica di vari aspetti, dalla viticoltura alla vinificazione, all’imbottigliamento, etc.

    R di residuo zuccherino: sulla base del residuo zuccherino si definiscono e dividono le varie tipologie di Prosecco. Si tratta della quantità di zucchero presente in una bottiglia ed il primo criterio tra i quali sceglierlo. Dal più secco al più dolce (dagli 0 ai 50 grammi di zucchero per litro), le tipologie di Prosecco sono fondamentalmente cinque: Extra Brut, Brux, Extra Dry, Dry e Demi Sec.

    S di Spumante: nella maggior parte dei casi il Prosecco è uno spumante, ma è importante tenere a mente che i due termini non sono sinonimi. Gli spumanti infatti, sono vini che vengono spumantizzati, cioè sottoposti ad una seconda fermentazione per ottenere le bollicine e la presa di spuma. Questo metodo, seppur valido per la maggioranza dei Prosecchi, non ne caratterizza la totalità: esistono infatti prosecchi non spumantizzati, ma frizzanti o fermi.

    T di Trieste: il nome Prosecco deriva da una piccola cittadina in provincia di Trieste. Fu proprio nei vigneti del castello della località di Prosecco che troviamo le prime testimonianze della produzione del vino più famoso d’Italia.

    U di undici e mezzo: la gradazione alcolica del vino Prosecco è standard, non scende mai sotto i 9,5 gradi e non supera mai gli 11,5.

    V di Veneto: è la zona tipica di produzione del Prosecco. In cinque province venete, insieme a quattro del Friuli Venezia Giulia, l’uva Glera lavorata e vinificata prende il nome di Prosecco!

    Z di Zero Dosaggio: si riferisce ad un particolare Prosecco al quale non viene aggiunto lo sciroppo di dosaggio dopo la seconda fermentazione in bottiglia. Si tratta di uno sciroppo composto da zucchero e vino che ha lo scopo di equilibrare il livello di dolcezza ed il gusto finale dello spumante. Questi vino manterranno dunque il residuo zuccherino al livello naturale e risulteranno piuttosto secchi, con circa meno di 3 grammi di zucchero per litro di prodotto.

    Questa panoramica è solo uno spunto per degustare in maniera più consapevole ed indagare tutte le sfumature di uno dei prodotti italiani più amati in Italia e nel mondo. Non resta che alzare i calici … e scoprire tutte le altre!

    Prosit!

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  • Bottiglie di vino, 750 ml di piacere

    Bottiglie di vino, 750 ml di piacere

    Le bottiglie di vino ed il classico formato da 750 ml:

    Ogni volta che ci apprestiamo a degustare un buon calice di Prosecco, teniamo tra le mani una bottiglia che contiene all’interno una precisa quantità di “piacere liquido”, spesso da 750 ml di prodotto. La capacità di una bottiglia di vino è qualcosa di talmente consolidato nel nostro immaginario, che lo consideriamo un dato di fatto, senza porci ulteriori domande.

    Ponendo però l’attenzione sulla questione, verrà naturale chiedersi perché le bottiglie misurino 750 ml; e perché non un litro o mezzo litro?

    Nel 1975, ad esempio, la direttiva 75/106 della Comunità Europea decretò che l’imballaggio e la commercializzazione del vino poteva avvenire solo in recipienti da 250 ml, 375 ml, 750 ml, un litro, un litro e mezzo etc. Quindi i formati tra i quali scegliere sarebbero molti, perché dunque scegliere questa via di mezzo?

    Ci sono diverse teorie a riguardo ma possiamo cominciare con il dire che nel mondo dell’enologia questo formato classico, detto anche bottiglia da sesta, racchiude in sé storia e tradizione: resistendo al tempo, è diventato il formato standard più consumato al mondo, quello che tutti conosciamo ed apprezziamo ogni giorno.

    Le origini della bottiglia da 750 ml

    La scelta della capacità di 750 ml risale a secoli fa, durante lo sviluppo della produzione ed il commercio del vino nel Regno Unito, corrispondente alla sesta parte di un gallone e si affermò come l’unità di misura più pratica, facilitando il commercio del vino.

    Grazie quindi alla facilità nella sua produzione, gestione e trasporto, si adattò così bene alle necessità dell’industria vinicola, che divenne il formato standard nel quale il vino veniva immesso sul mercato.

    Troviamo riscontri a riguardo in fonti inglesi del XVII secolo. All’epoca, infatti, le casse di vino anglosassoni per il trasporto di alcolici misuravano 2 galloni, pari a circa nove litri di prodotto. Fu la praticità a decretare la scelta del formato della bottiglia, riempiendo le casse con un numero comodo e vantaggioso. Ancora oggi in molte parti del mondo le casse di vino contengono 12 bottiglie (pari a 2 galloni); in Italia viene mantenuta la medesima proporzione, ma solitamente ogni cassa di vino contiene 6 bottiglie.

    soffiatori vetro

    La bottiglia di vino da 750 ml tra storia e leggenda

    Esistono almeno altre due teorie, tra le più conosciute, riguardo la scelta del formato da 750 ml.

    La prima narra che tutto dipese dalla capacità polmonare dei soffiatori di vetro del ‘700, i quali si ritiene che fossero in grado di soffiare e costruire bottiglie fino ad un massimo di 650 – 750 ml di capacità. Col tempo quindi, la produzione si andò uniformando alle bottiglie di vino con la capacità massima a disposizione, ovvero i 750 ml.

    L’affascinante mistero della capienza delle bottiglie di vino tocca anche gli antichi osti. Esiste infatti una teoria secondo la quale la scelta della bottiglia rispondessero ad un’esigenza pratica da osteria: considerando che un bicchiere contiene circa 125 ml di prodotto, una bottiglia da 750 ml corrisponde esattamente a 6 bicchieri di vino. Sapere quante bottiglie stappare a seconda del numero dei clienti e mantenere le proporzioni, fu dunque la fortuna degli osti!

    imbottigliamento del Prosecco

    Bottiglie da 750 ml, uno stand universale

    Teorie a parte, col passare del tempo la bottiglia di vino da 750 ml è diventata un simbolo di standardizzazione nel mondo. Dai grandi châteaux francesi alle piccole cantine artigianali in ogni angolo del globo, il formato da 750 ml è diventato sinonimo di qualità e tradizione.

    La sua accettazione universale facilita il commercio internazionale e semplifica la scelta dei consumatori, offrendo loro una dimensione familiare e riconoscibile.

    Nel vasto mondo enologico, la bottiglia da 750 ml è un’icona che racchiude storia, tradizione e una quantità precisa di piacere enologico. Tuttavia, il panorama delle bottiglie di vino si estende ben oltre la sua capacità standard, abbracciando una varietà di formati che aggiungono fascino e versatilità al mondo della vinificazione.

    Ora è tempo di stappare una buona bottiglia di Prosecco, con un poco di consapevolezza e di fascinosità in più!

    Prosit!

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  • Bollicine d’eccellenza: le diverse tipologie di Prosecco

    Bollicine d’eccellenza: le diverse tipologie di Prosecco

    Un viaggio tra gusti ed aromi per scoprire il fascino delle diverse anime dello spumante più amato d’Italia

    Il Prosecco, gioiello enologico italiano, si distingue per la sua freschezza, versatilità e varietà, dando vita ad un mondo di esperienze aromatiche. Attraverso le diverse tipologie di Prosecco, dalle dolci bollicine dell’Extra Dry alla secchezza elegante del Brut, ogni variante offre un viaggio sensoriale unico. In questo percorso di degustazione, andremo ad esplorare le caratteristiche distintive di ciascuna tipologia.

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    Il residuo zuccherino: la guida alle diverse tipologie di Prosecco

    I metodi più efficaci per classificare uno spumante, riguardano solitamente la provenienza, il perlage e la dolcezza.

    In base a quest’ultimo criterio, diffuso soprattutto in funzione dei possibili abbinamenti gastronomici da affiancare, ciò che differenzia le differenti tipologie di Prosecco è il cosiddetto residuo zuccherino, ovvero la quantità di zucchero presente in ogni bottiglia. Esistono cinque diverse varianti di Prosecco che, considerando il prodotto dal più secco al più dolce, sono il Prosecco Extra Brut, Brut, Extra Dry, Dry e Demi Sec.

    Prosecco  Extra Brut: la massima secchezza

    Il Prosecco Extra Brut offre la massima secchezza, praticamente privo di residuo zuccherino. Questa tipologia esalta la purezza del gusto, offrendo una sensazione di freschezza e nettezza. La sua eleganza si rivela particolarmente in abbinamento a piatti delicati, consentendo ai sapori di brillare senza interferenze di dolcezza.

    • Residuo zuccherino: tra i 0 e i 6 grammi per litro di prodotto.
    • Abbinamenti: ideale per pesce crudo, sushi, sashimi, carpaccio di pesce, di verdure o altri piatti vegetariani e frutti di mare.

    Prosecco  Brut: la secchezza elegante

    Il Prosecco Brut rappresenta una buona espressione di secchezza, con un livello di zucchero residuo minimo. Caratterizzato da una secchezza elegante, questo Prosecco è la scelta ideale per cene formali e celebrative. Le bollicine fini e persistenti catturano l’essenza pura del vino, mentre la complessità aromatica del Glera si rivela in tutta la sua grandezza.

    • Residuo zuccherino: tra i 6 e i 12 grammi per litro di prodotto.
    • Abbinamenti: si sposa perfettamente con piatti leggeri, insalate, pollo grigliato, pesce crudo, carpaccio e formaggi stagionati a pasta dura.

    Prosecco Extra Dry: dolcezza sottile e freschezza vibrante

    Il Prosecco Extra Dry, contrariamente al suo nome, rivela una dolcezza sottile accoppiata a una vivace freschezza. Con un livello di zucchero residuo leggermente superiore rispetto al Brut, l’Extra Dry si presenta come la scelta perfetta per coloro che cercano un equilibrio delicato tra dolce e secco. Le bollicine danzano allegre nel calice, mentre la freschezza del vino si sposa armoniosamente con i sapori, rendendolo ideale per aperitivi e momenti conviviali.

    • Residuo zuccherino: tra i 12 e i 17 grammi per litro di prodotto.
    • Abbinamenti: ideale per accompagnare antipasti leggeri, frutti di mare, gamberetti, ostriche e formaggi delicati.

    etichetta prosecco doc extra dry

    Prosecco  Dry: un equilibrio armonioso

    Il Prosecco Dry, con il suo bilanciamento raffinato tra dolcezza e secchezza, offre un profilo aromatico morbido e avvolgente. Questa tipologia si distingue per la sua versatilità, adattandosi perfettamente a una vasta gamma di piatti, dai formaggi agli antipasti. La sua dolcezza equilibrata lo rende una scelta adatta a chi desidera esplorare il carattere frizzante del Prosecco senza compromettere la secchezza.

    • Residuo zuccherino: tra i 18 e i 32 grammi per litro di prodotto.
    • Abbinamenti: perfetto per accompagnare antipasti con formaggi saporiti ed affettati, risotti ai frutti di mare, insalate aromatiche di frutta e noci.

    Prosecco Demi Sec: una dolcezza tenera

    Il Prosecco Demi Sec, con una dolcezza più pronunciata rispetto alle altre tipologie, regala una tenera dolcezza al palato. Con un livello moderato di residuo zuccherino, si presenta come una scelta avvolgente e adatta a chi cerca una dolcezza più marcata senza rinunciare alla vivacità delle bollicine.

    • Residuo zuccherino: tra i 33 e i 50 grammi per litro di prodotto.
    • Abbinamenti: dessert, sorbetti o frutta sono perfetti in abbinamento a questa tipologia di Prosecco; si sposa bene anche con piatti dal contrasto dolce – salato e formaggi a pasta molle.

    In conclusione, il vasto mondo delle tipologie di Prosecco offre un viaggio attraverso una gamma di opzioni, ciascuna con il suo carattere unico. Ogni variante è un’opportunità per esplorare le complessità del Glera e celebrare l’arte delle bollicine italiane.

    Scegliete con saggezza e lasciatevi trasportare in un viaggio di degustazione senza paragoni, sperimentando ogni tipologia di abbinamento, fino a trovare il vostro preferito!

    Prosit!

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  • Ricette di S.Valentino con il Prosecco

    Il Prosecco come ingrediente segreto per esaltare il gusto in cucina

    Ricette di San Valentino con il Prosecco

    La festa degli innamorati si avvicina e non c’è nulla di meglio del Prosecco per suggellare l’amore tra due persone e godersi una romantica serata.
    Ma se desiderate un San Valentino più frizzante, gustoso ed allegro del solito, perché non provare delle ricette a base di Prosecco?

    Il Prosecco in cucina

    Godetevi dunque la scoperta di un secreto da grandi chef: non solo calici o cocktail per lo spumante più amato d’Italia, da oggi il protagonista dei vostri piatti è il Prosecco!

    Si tratta infatti di più di un semplice vino: il Prosecco è un compagno versatile in cucina. La sua leggerezza e freschezza si prestano perfettamente a una varietà di piatti, dalla cucina tradizionale a quella più innovativa.

    Vi state chiedendo da dove cominciare? Sperimentare la marinatura col Prosecco può essere un perfetto primo passo per capire come equilibrare sapori intensi ed aggiungere una nota raffinata a piatti delicati. I vostri antipasti ed i secondi di carne e (soprattutto) pesce avranno quel tocco unico e vi regaleranno un’esperienza culinaria indimenticabile.

    Se volete spingervi ancora oltre e testare il Prosecco come ingrediente anche di primi piatti e di dolci, ecco due ricette scelte per voi, per rendere il vostro menù di San Valentino davvero indimenticabile:

    Risotto al Prosecco

    Ingredienti (per 5/6 porzioni):

    • 500 gr. di riso Carnaroli
    • 1 lt. di brodo vegetale fatto in casa
    • 100 gr. di Parmigliano Reggiano grattugiato
    • 200 ml. di Prosecco
    • 1 cipolla bianca
    • 60 gr. di burro
    • olio extravergine di oliva, sale e pepe q.b.

    Procedimento:

    • preparate il brodo vegetale con gli ortaggi che preferite e mettete da parte;
    • pelate e tagliate la cipolla bianca, saltandola in casseruola con l’olio e 30 gr. di burro fino a che non sarà rosalata;
    • unite il riso al soffritto di cipolla per una leggera tostatura a fuoco alto per pochi secondi o fino a che i chicchi non avranno raggiunto un aspetto lucido;
    • abbassare il fuoco ed aggiungere il Prosecco al riso versandolo all’interno della casseruola;
    • una volta che il Prosecco sarà evaporato completamente, aggiungete sale e pepe a piacere secondo i vostri gusti e piano piano il brodo vegetale, aggiungendo un mestolo alla volta mano a mano che si ridurrà;
    • raggiunti i minuti di cottura del riso, spegnete il fuoco e procedete con la mantecatura: mescolate aggiungendo il Parmigiano grattugiato ed il burro, fino a che il risotto non avrà quella splendida consistenza densa e cremosa;
    • servite a tavola e guarnite i vostri piatti con qualche goccia di Prosecco per dare al piatto un tocco di eleganza e di gusto in più.

    risotto al vino antico

    Cheesecake al Prosecco

    Ingredienti (per 4 porzioni):

    • 200 gr. di pandoro (in alternativa biscotti secchi a vostro piacimento)
    • 55 gr. di burro
    • 300 gr. di formaggio fresco spalmabile
    • 9 gr. di gelatina in fogli
    • 100 ml. di Prosecco
    • 50 gr. di panna fresca liquida
    • 50 gr. di zucchero a velo
    • 1 bacca di vaniglia
    • 4 rametti di ribes (per la decorazione)

    Procedimento:

    • per preparare la base tagliare il pandoro in piccoli pezzettini e cuoceteli in padella per 6/7 minuti mescolando frequentemente;
    • una volta asciutto e ben tostato, tritatelo in un mixer (nel caso utilizziate i biscotti, potete cominciare da questo passaggio) ed amalgamate il tutto con il burro fuso in una ciotola;
    • trasferite il composto all’interno di 4 stampini (preferibilmente da 7,5×4,5 cm) appoggiati su un vassoio con carte da forno ed appiattite bene il tutto con il dorso del cucchiaio; quando sarà pronto lasciate riposare la base della cheesecake in frigorifero per 30 minuti circa o fino a che non si sarà solidificata;
    • nel frattempo mettete a molla la gelatina in acqua fresca e scaldate la panna in un pentolino evitando di farla bollire; appena sarà calda scolate la gelatina e mescolatela alla panna con una frusta facendo attenzione di eliminare tutti i frumi;
    • in un’altra ciotola lavorate il formaggio con una frusta per qualche minuti e poi unite il Prosecco, i semi della bacca di vaniglia e lo zucchero a velo;
    • dopo aver mescolato accuratamente, incorporate panna ed unitela al composto per completare la crema della vostra torta;
    • recuperati gli stampi, guarniteli con la crema e mettete il tutto in frigorifero a rassodare per 3/4 ore;
    • per concludere sfilate lo stampo, la carta da forno e guarnite ogni cheesecake al Prosecco con un rametto di ribes (o con la decorazione che preferite).

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    Un tesoro segreto

    Il Prosecco è davvero un tesoro segreto in cucina, pronto a trasformare ogni piatto in un’opera d’arte gastronomica ed a donargli un unico ed inaspettato tocco d’eleganza!
    Siate audaci, sperimentate e lasciatevi soprendere dalla magia che questo vino può portare ai vostri piatti.

    Buon appetito, brindate all’amore con una cucina creativa, condividendo il vostro San Valentino attorno ad una romantica tavola imbandita di delizie al Prosecco!

     

  • Il design dell’etichetta del Prosecco

    Il design dell’etichetta del Prosecco: un viaggio nell’arte della presentazione

    Il Prosecco, eccellente spuntante italiano elegante, fresco e versatile, è spesso celebrato non solo per il suo contenuto raffinato delle sue bottiglie, ma anche per il suo packaging accattivante.

    Creare un’etichetta di successo per le bottiglie di Prosecco richiede un’attenta combinazione di creatività, attenzione ai dettagli ed una profonda comprensione e conoscenza del prodotto.

    Prosecco e branding

    Dall’ispirazione iniziale alla realizzazione finale, il processo di progettazione dell’etichetta è di importanza vitale per una bottiglia di vino: oltre ad essere uno degli elementi distintivi del prodotto, è il primo biglietto da visita che può attirare il consumatore.

    Alcune etichette colpiscono immediatamente perché altamente creative, accattivanti, brandizzate (a volte addirittura artistiche) e rappresentano i valori ed i prodotti delle aziende produttrici. Come accade per la copertina di un buon libro, alcune di esse sono addirittura diventate iconiche e conosciute in tutto il mondo, trasformandosi talvolta nell’elemento decisivo  per la scelta del prodotto da parte dei consumatori indecisi.

    Il connubio tra grafica, branding e Prosecco si rivela come un’affascinante sinergia che unisce diverse forme di espressione creativa, che vanno ben oltre la mera presentazione di un prodotto in bottiglia.

    Il primo passo

    conoscere a fondo il prodotto, il brand, i valori e la storia dell’azienda di Prosecco e le caratteristiche distintive che rendono unica questa eccellenza italiana.

    In secondo luogo

    va considera il pubblico di riferimento, fase fondamentale per la produzione di un’etichetta efficace. Gli step essenziali proseguono con una fase di ricerca con l’obiettivo di ottenere ispirazione ed acquisire una comprensione delle tendenze di design attuali nello specifico settore. Analizzare le etichette di Prosecco esistenti e di altri vini può fornire spunti interessanti.

    La cosa fondamentale

    realizzare il tutto con un approccio unico, che rifletta la personalità del prodotto e sia pensato sul target di riferimento, focus e consumatore finale del prodotto.

    prosecco doc treviso extra dry tenuta pra de oro etichettaCome viene creata l’etichetta del Prosecco

    Gli elementi chiave che su un’etichetta da vino proprio non possono mancare sono in generale:

    • il nome del prodotto
    • il logo e la marca del produttore
    • le informazioni sul vitigno ed il territorio
    • il grado di secchezza/dolcezza (Dry, Brut, etc)
    • i simboli o grafiche distintive (green, bio, ect)

    A questo si aggiungono nuovi parametri richiesti dall’UE che sono entrati in vigore lo scorso 8 dicembre. La normativa prevede l’obbligo di inserire in etichetta indicazioni (ad esempio i valori nutrizionali degli ingredienti, le modalità di smaltimento di bottiglia, capsula e tappo, etc) veritiere, documentabili e che siano presenti tutte le informazioni delle richieste dalle varie normative italiane e della comunità europea.

     

    L’etichettatura è soggetta a verifiche a ridosso della vendemmia. Le ispezioni vengono effettuate da Valoritalia, l’organismo di controllo organizzato dal Ministero.

    Oltre agli elementi all’interno dell’etichetta, ogni bottiglia di Prosecco prevede, prima della sua uscita sul mercato, la presa in considerazione di tantissimi altri elementi ai quali spesso non si fa caso, ma che contribuiscono a sottolineare il carattere del prodotto e dell’azienda vinicola che lo produce. I colori freschi e luminosi, ad esempio, vengono spesso associati al Prosecco e l’uso di materiali di qualità trasmettono all’acquirente un senso di prestigio del prodotto.

    Il design

    La stessa cosa si può dire per il design generale dell’etichetta: un grafico professionista può fare veramente la differenza, rendendo il prodotto attraente e traducendo le idee, la filosofia e l’identità giovane del Prosecco.

    Studio, branding, migliorie, rifiniture ed analisi dei feedback, andranno a completare il biglietto da visita dello spumante italiano per eccellenza.

    La creazione dell’etichetta per le bottiglie di Prosecco è dunque un procedimento che combina conoscenza del prodotto, creatività e strategia di branding. Un’etichetta ben progettata, non solo attira l’attenzione dei consumatori, ma comunica anche il carattere unico del Prosecco, invitandoli a scegliere questo straordinario vino spumante.

    Simbolo di stile

    E’ un’eccellenza vinicola italiana originaria delle colline venete, ha conquistato il suo spazio non solo nelle enoteche e nelle tavole imbandite, ma si è trasformato anche in strumento d’ispirazione, creatività e comunicazione.

    L’icona enologica italiana più amata al mondo, diventa dunque un simbolo di stile, gioia e convivialità … e tu, hai già scelto la tua etichetta preferita?

    Prosit!

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  • il metodo Martinotti-Charmat nella produzione del Prosecco

    Il segreto del suo successo:

    il metodo Martinotti-Charmat nella produzione del Prosecco

    Il Prosecco, eccellenza italiana nota in tutto il mondo per la sua freschezza e vivacità, deve parte del suo successo al processo col quale viene prodotto, fatto fermentare ed imbottigliato. Uno dei metodi più comuni utilizzati nella sua produzione è il metodo Martinotti-Charmat. Questo metodo viene spesso utilizzato per la produzione di spumanti, tra cui il Prosecco, ed è caratterizzato dalla fermentazione in grandi autoclavi a pressione controllata.

    Ma in cosa consiste nello specifico questo particolare processo e come contribuisce a creare il caratteristico profilo gustativo del celebre spumante italiano? Scopriamolo insieme!

    Il Metodo Martinotti – Charmat

    Il metodo Martinotti, o metodo Charmat lungo, è la base del processo di produzione del Prosecco. Chiamato così in onore del suo inventore Federico Martinotti, questo metodo consiste nella fermentazione del vino di base (o seconda fermentazione) in grandi autoclavi. Questa particolare metodologia ha la particolare capacità di apportare caratteristiche specifiche organolettiche al prodotto finito e si sposa perfettamente con la tipologia di uve Glera, il vitigno che compone per almeno il 75% il vino Prosecco: questa integrazione è il connubio perfetto capace di dare vita ad un vino spumante davvero unico!

    Il processo, oltre al mantenere la freschezza e l’aroma del vino, riflette perfettamente la filosofia del Prosecco, preservandone la purezza delle uve. Grazie anche al controllo delle temperature e della pressione, questo metodo gli conferisce quel tratto distintivo dall’aroma giovane e fruttato che l’ha reso celebre in tutto il mondo.

    autoclave

    La fermentazione in autoclave del Prosecco

    Il cuore del metodo Martinotti-Charmat è dunque la fermentazione in autoclave. Vediamo insieme il loro funzionamento ed il processo nella sua interezza:

    • Fase di preparazione del vino base: le uve Glera subiscono una prima fermentazione dalla quale si ottiene il cosiddetto vino base, primo di bollicine;
    • Fase di trasferimento in autoclavi: il vino base viene trasferito in enormi contenitori pressurizzati di acciaio inox; progettate per resistere ad altissime pressioni, le autoclavi consentono di mantenere sotto pressione il vino durante questa seconda fermentazione;
    • Fase di aggiunta dei lieviti e degli zuccheri: la seconda fermentazione comincia con l’aggiunta di lieviti selezionati e zuccheri al vino base; mentre i lieviti trasformano gli zuccheri in alcool ed anidride carbonica, la pressione all’interno delle autoclavi aiuta a trattenere le bollicine che si sviluppano durante il processo;
    • Fase di controllo della temperatura e della pressione: durante la fermentazione in autoclave è di fondamentale importanza controllare in maniera piuttosto precisa la temperatura e la pressione del prodotto. La pressione ottimale (che varia tra i 12 ed i 18 gradi centigradi) viene affiancata e calibrata unitamente ad una pressione piuttosto elevata che, combinata con la bassa temperatura, consente di ottenere delle bollicine piuttosto fini, persistenti e durature nel tempo;
    • Fase di filtrazione e stabilizzazione: completata la seconda fermentazione in autoclave, il vino viene filtrato minuziosamente per rimuovere tutti i residui dei lieviti ed altri possibili sedimenti; a questo segue un’operazione di stabilizzazione del prodotto che eviterà che il vino si intorpidisca e ne andrà a garantire la chiarezza;
    • Fase di raffreddamento e pastorizzazione: in questa fase, non sempre inserita nel processo, alcuni produttori scelgono di pastorizzare il vino Prosecco dopo la seconda fermentazione in autoclave. L’azione consiste nel raffreddare in maniera piuttosto rapida il prodotto, con l’obiettivo di arrestare l’attività dei lieviti e stabilizzarlo ulteriormente;
    • Fase di imbottigliamento: il metodo Martinotti – Charmat prevede infine l’imbottigliamento e la chiusura con tappo (a corona o a vite); alcune varietà di Prosecco non prevedono altre lavorazioni perché possa essere mantenuto il suo carattere secco; diverso è per le tipologie di vino più dolci, alle quali vengono aggiunti zuccheri prima dell’imbottigliamento.

    imbottigliamento del Prosecco

    Per concludere, il metodo Martinotti-Charmat svolge un ruolo cruciale nella creazione del Prosecco amato in tutto il mondo. La combinazione di questo metodo con le uve Glera e la filosofia del Prosecco danno vita ad un vino spumante  davvero eccezionale, che ha ben poco da invidiare ai suoi competitor.

    Conoscere il processo di produzione contribuisce sicuramente ad una migliore comprensione del prodotto e, perché no, ad una più consapevole e gustosa degustazione di questo iconico vino italiano.

    Pronti a provarlo?

    Prosit!

     

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